(CAVALIERI MARVEL)

 

N° 43

 

IL MESTIERE DELLE ARMI

 

(PARTE SECONDA)

 

 

FRATELLI IN ARMI

 

Di Carlo Monni

 

 

1.

 

 

            Ivan Ivanovitch Petrovitch è solo a confrontarsi con un gruppo di terroristi che ha preso in ostaggio il terminal dei voli provenienti dalla Russia dell’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York. Non sa bene cosa può fare da solo, ma sa una cosa: non resterà con le mani in mano, non quando la sua figlioccia, Natasha Romanov, la Vedova Nera, ed almeno altre 300 persone rischiano di perdere la vita per colpa dei suoi ancora ignoti avversari.

 

            Un minuto fa, qui, in una savana dello stato africano del Burunda, Raoul Bushman sembrava pronto ad arrendersi, poi ha impugnato quello strano rubino ed il mondo si è fatto rosso e caldo. Gli uomini di Bushman cadono uno dopo l’altro mentre il bagliore rosso li avviluppa. I loro corpi si riducono a gusci avvizziti e Bushman ride mentre il suo stesso corpo sembra diventare più grande e forte.

            Sta rubando la loro energia vitale, comprende Moon Knight, come posso fermarlo adesso? Eppure devo.

 

            Luke Cage è prigioniero del paranoico ex colonnello Gideon Mace, deciso ad ucciderlo. Sostiene di essersi impadronito di una testata nucleare e di volerla lanciare su Washington con lui legato sopra. Dice la verità? L’Eroe a Pagamento non ha modo di saperlo, ma non ha scelta: deve comportarsi come se fosse vero.

            Le manette che lo stringono sono molto forti, non sa se riuscirà a liberarsi. Se mai ha avuto bisogno d’aiuto, è proprio adesso.

 

 

2.

 

 

            Moon Knight cade in ginocchio, le braccia si fanno pesanti, un velo nero cala sui suoi occhi mentre sente la risata trionfante di Bushman. Deve finire tutto così? Potrebbe sopportarlo se la cosa toccasse solo a lui, sono rischi del mestiere, ma Frenchie e Marlene… no, questo non può sopportarlo: deve esserci un modo per uscirne… deve.

            Improvvisamente il disegno dell’ankh sul suo petto comincia a brillare di una luce sempre più intensa e Marc Spector si rende conto che la sua debolezza sta passando, che, anzi, lui sta diventando sempre più forte.

            Non perde tempo a chiedersi cosa sta succedendo, agisce. Si alza in piedi ed avanza verso Bushman.

-Ora basta!- grida.

-Cosa?- esclama uno stupefatto Bushman –Non sei ancora morto?- il rubino brilla più intensamente nelle sue mani mentre grida –Perché non muori, maledetto?-

            Moon Knight non risponde e continua ad avanzare.

 

            L’uomo chiamato Gideon Mace ride soddisfatto mentre si rivolge a Luke:

-Inutile che provi a liberarti, Cage, quelle catene sono in grado di resistere alla forza di Hulk stesso, non hai speranze.-

            Cage stringe i denti e continua a forzare i muscoli.

-Ti piacerebbe, eh, Mace?- replica al suo avversario –Non illuderti, non vincerai neanche stavolta.-

-E chi mi fermerà? Tu? No, rassegnati, sei destinato morire, il primo di molti della tua razza maledetta.-

            In quel momento la parete alla sinistra di Gideon Mace si  fracassa e mentre le macerie volano per la stanza, ecco che nel varco così prodotto appaiono tre figure: le Figlie del Dragone e Iron Fist, i cui pugni brillano ancora dell’energia che ha distrutto la parete.

            I rinforzi sono arrivati.

 

            Ivan Petrovitch raccoglie il fiato. Nei suoi anni passati è stato molte cose: un ingegnere, un soldato, una spia. Ha ricevuto l’addestramento base degli Spetnaz, le forze speciali dell’Esercito Russo, ma basterà a tirarlo fuori dai guai?

            Rapidamente ripassa quello che sa: apparentemente si tratta di un gruppo di terroristi ceceni ed il loro scopo è ignoto. Chissà se è un caso la loro presenza qui proprio il giorno in cui la sua figlioccia Natasha Romanov, meglio nota come Vedova Nera, sta tornando da un breve soggiorno a Las Vegas? Sembra improbabile che sia proprio lei il loro bersaglio, ma è un’eventualità da non trascurare.

            E adesso? Cosa farebbero gli eroi dei suoi amati film americani in questo frangente? Come si comporterebbe Clint Eastwood o magari Bogart?

            Alla fine prende la sua decisione: s’infila il passamontagna strappato al terrorista ceceno affrontato poco prima[1] ed avanza verso l’ingresso del Terminal dell’Aeroflot, sorvegliato da due terroristi e stringe nella mano destra un fucile d’assalto Kalashnikov AK 47 rubato allo stesso membro del commando Silenziosamente, cosa abbastanza sorprendente per lui, dice una preghiera.

 

 

3.

 

 

            Se passate per Las Vegas forse vi sfuggirà, tra le tante luci sfavillanti la sagoma di un lussuosissimo hotel-casinò di circa 60 piani. In cima a quell’hotel, in un esclusivo complesso di appartamenti ed uffici che occupa un attico e gli ultimi 5 piani dell’edificio, vive e lavora un uomo molto speciale.

I Media lo hanno ribattezzato “Il miliardario fantasma”, ma il suo vero nome è Harold Henry Howard, un uomo che a nemmeno 40 anni, partendo da una piccola fabbrica di aeroplani nel Nevada, ha costruito un impero economico senza rivali nel mondo. Pensate ad una qualsiasi attività economico-finanziaria ed una delle sue compagnie vi avrà almeno una piccola interessenza. Dai più sperimentati mercati americani ed europei alle nuove frontiere dell’Asia, là dove è possibile guadagnare anche un solo centesimo di dollaro, troverete sicuramente qualcosa di suo. I Governi e le istituzioni economiche devono trattare da pari a pari con lui, perfino i boss del Crimine Organizzato lo trattano con rispetto. Nessuno sa con certezza a quanto ammonti la sua fortuna personale, ma le stime più diffuse parlano di svariate centinaia di miliardi di dollari, cosa che fa di lui l’uomo più ricco del mondo.

Da oltre 15 anni nessuno lo ha più visto e non esistono suoi ritratti ufficiali o meno. Harold Howard vive in completa reclusione e comunica con i suoi sottoposti esclusivamente per mezzo di un sofisticato sistema di comunicazione che gli consente di mettersi in contatto pressoché istantaneamente con chiunque voglia senza che questi possa mai osservarlo in volto. Solo tre persone sono ammesse alla sua presenza: la sua segretaria, l’efficiente Miss Wright, il suo medico personale ed il suo unico figlio ed erede, John di 14 anni.

 I motivi di questa volontaria reclusione non sono noti che a lui solo, anche se alcuni ipotizzano che alla radice ci sia una qualche forma di malattia mentale. Chissà, forse hanno ragione, a volte se lo chiede anche lui, ma perlopiù non gli interessa.  Ha altre cose a cui interessarsi, come, ad esempio, il suo piano a lunga scadenza di controllare tutte le risorse economiche mondiali. Qualcuno prenderebbe questo suo intento come la prova definitiva che è completamente pazzo e staccato dalla realtà, ma ovviamente questa non è la sua opinione. Potrebbe insegnare molte cose sul potere e sul suo uso a chiunque creda di saperne qualcosa.

Negli ultimi mesi ha lavorato silenziosamente, com’è sua abitudine, ad allargare la sua ragnatela su un modo ignaro di stare già lavorando per lui, ora è il momento di dare finalmente impulso ad un suo piccolo esperimento.

Preme il pulsante del suo interfono e si rivolge alla sua assistente:

-Miss Wright, mi chiami il C.O.O.[2] della Howard Media, è arrivato il momento di discutere il piano editoriale per quest’anno.-

 

            A quasi mezzo continente di distanza, nella città di New York, nel cuore  di Manhattan, in un altro attico decisamente meno lussuoso, troviamo la donna di nome Elektra Niatchos.

            C’è chi le applicherebbe la famosa definizione di Churchill: “Un indovinello, avvolto in un rompicapo, nascosto in un enigma” e non sbaglierebbe poi di molto.

            Ereditiera, ninja, psicopatica, assassina a pagamento, Elektra è tutto questo e molto di più. Su di lei circolano molte storie: ad esempio che è stata adepta di un’antica setta di assassini giapponesi risalente quasi all’alba dei tempi che l’hanno addestrata nelle arti dell’omicidio. Secondo certe voci, poi è stata uccisa e se voleste, potreste abbastanza facilmente interrogare un Medico Legale che giurerebbe di averle fatto l’autopsia dopo che lei era stata letteralmente sventrata da una lama molto affilata che l’aveva penetrata da parte e che era indubbiamente morta stecchita.[3] Tutto vero, il suo nome è ancora iscritto nei registri di uno dei cimiteri di New York, ma cerchereste invano la sua tomba: il sepolcro fu violato molti anni fa ed il cadavere trafugato per essere, così si racconta, sottoposto ad un arcano rituale di resurrezione.[4]

            Ancora una volta si tratta di verità che la gente comune si rifiuta di accettare e la leggenda si alimenta di se stessa. Ma si può oltrepassare le soglie della morte e ritornarne intoccati? Forse la vera Elektra non è mai tornata dall’Aldilà e quello che vaga sulla Terra è solo un guscio vuoto privo di anima?

            Allontana con rabbia questo pensiero mentre termina il suo allenamento giornaliero. Lei è quello che è, non può farci niente. Se credesse nell’antica religione dei suoi antenati greci, direbbe che il suo cammino è stato tracciato dagli imperscrutabili disegni del fato e se è così, è inutile che si ponga troppe domande. Meglio concentrarsi sul presente… e sul prossimo incarico.

 

            Paladin sorseggia con gusto il suo bicchiere di scotch e poi si rivolge all’uomo che è con lui, seduto ad un comodo divanetto con sulle ginocchia un computer portatile in funzione:

-E così, io e te stiamo lavorando per lo stesso tizio, giusto?-

-Così pare.- risponde l’altro alzando lo sguardo dallo schermo. È un uomo sulla trentina dai capelli ed occhi castani e penetranti, lo sguardo impassibile. Il suo nome è Rick Mason, ma nel suo ambiente è più noto col nome di Agente ed è proprio questo che è: un agente libero, che lavora per il miglior offerente, ma sempre alle sue condizioni e rispettando scrupolosamente un personale codice d’onore –Peccato che mi hai costretto a far saltare la mia copertura per salvarti la vita.-

-Avresti potuto semplicemente lasciarmi morire.-

-Tu l’avresti fatto?-

            Paladin fa un lieve sogghigno prima di rispondere:

-No… immagino di no. Bene, adesso che sappiamo di essere sulla stessa pista, che facciamo?-

-Ho trasmesso le informazioni che abbiamo raccolto al nostro datore di lavoro.- risponde Mason -Adesso pare che qualcuno dovrà intervenire in maniera un po’ pesante contro i nostri avversari.-

-Qualcuno come me o te?… Mi piace. Quando cominciamo, socio?-

 

 

4.

 

 

            Marc Spector non è certo estraneo a manifestazioni di magia e misticismo di vario genere. Dopotutto, quando vieni selezionato come agente terreno di un dio della Vendetta Egizio, che ogni tanto tu possa essere coinvolto in cose fuori dall’ordinario devi pure aspettartelo.

Non c’è alcun dubbio nella sua mente che sia il potere di Konshu a proteggerlo in questo momento e non s’interroga sulle motivazioni di quell’antica deità, si limita ad agire.

Evidentemente Bushman si aspettava di vederlo cadere come tutti gli altri, un cadavere rinsecchito, ed è letteralmente incredulo.

-Cadi, maledetto!- urla ancora una volta -Perché non cadi?-

            Moon Knight spicca un salto e piomba addosso al suo avversario. La forza dell’impatto li porta entrambi giù dalla camionetta e Bushman cade sulla schiena, La sua mano si apre e lascia cadere il misterioso rubino. Immediatamente la luce rossa che circondava l’intera zona si spegne, mentre Moon Knight gli sferra un diretto al mento.

-Non è ancora il mio momento, Bushman.- proclama -È il tuo e tu sei finito, come i tuoi piani.

-NO!- urla Bushman e con un ultimo sforzo si libera di Moon Knight e tenta di rialzarsi –Se riesco a riprendere il rubino…-

Il Crociato Lunare gli è, però, di nuovo addosso e dopo averlo fatto ricadere a terra gli stringe il collo con i suoi nuchaku e comincia a premere sempre più forte.

 

Ivan si avvicina agli uomini di guardia all’ingresso del terminal, ostentando la massima tranquillità.

-Salve ragazzi.- dice rivolgendosi loro in ceceno.

            I due restano in silenzio. Anche con i passamontagna è facile intuire la perplessità nei loro sguardi.

-Samir?- dice uno dei due. Parla inglese, ma con  un accento bulgaro.

-Si sono io.- risponde Ivan nella stessa lingua,sperando di riuscire a mantenere un passabile accento ceceno.

-Perché hai con te anche la mitraglietta di Sergei?- gli chiede l’altro sempre in Inglese, ma con un accento che Ivan non è certo di riconoscere… Afgano…Pakistano? Comunque sia, gli ha fatto una bella domanda a cui lui non ha una risposta valida.

            Prima che i suoi avversari possano reagire Ivan ha già puntato contro di loro  il kalashnikov, falciandoli con una rapida scarica, poi, senza permettersi il lusso di pensare troppo, spalanca con un calcio la porta del terminal e si tuffa nel salone.

 

            Ti chiamano Iron Fist e qualcuno ti definisce l’Arma Vivente, ma in questo momento non pensi a queste cose, bensì stai rapidamente valutando i tuoi avversari. Molti ti definirebbero pazzo ad affrontare disarmato decine di uomini pesantemente armati con quanto di meglio la tecnologia bellica può offrire di questi tempi e non penserebbero meglio delle tue compagne: una rossa dai lunghi capelli fluttuanti, armata solo di una katana, la pesante spada giapponese ed una donna di colore con una pistola. Naturalmente, tu sai che le cosiddette Figlie del Dragone sono avversarie pericolose e le lasci ad affrontare la loro quota di nemici, mentre tu ti concentri su quelli che hai scelto come opponenti.

            Sono tanti e bene armati abbiamo detto e questo rende solo più ignominiosa la loro sconfitta. I loro proiettili non colpiscono il bersaglio, le loro corazze non li salvano dai micidiali colpi di piede e di mano di un esperto di arti marziali quale sei tu.

            Alla fine sei proprio di fronte all’uomo chiamato Gideon Mace che ti dimostra come la sua mazza sia uno strumento micidiale in più di un senso, quando da essa fuoriescono raggi di calore che, però, tu eviti abilmente, fino ad arrivare a Mace e colpirlo con il palmo della mano facendolo cadere, poi lo prendi per il bavero e gli chiedi:

-Chi sei amico? Prima di venir qui ho sentito i notiziari ed a quanto sembra Gideon Mace ha preso in ostaggio un treno diretto a Miami e lo ha dirottato verso ovest.[5] Quindi, se lui è là sopra, chi sei tu?-

            L’uomo sogghigna mentre risponde:

-Chissà… forse è lui l’impostore… o forse lo siamo entrambi, chi può saperlo?-

            Improvvisamente noti gli occhi del tuo avversario risplendere ed un sesto senso affinato da anni di battaglie ti lancia un avvertimento da non ignorare… poi l’uomo che stai trattenendo esplode.

 

 

5.

 

 

            Con frustrazione crescente Luke Cage è costretto ad osservare i suoi amici combattere al posto suo mentre lui tenta vanamente di liberarsi dalle manette che lo trattengono, poi, ecco che le manette si aprono, e lui si ritrova libero. Al suo fianco ecco la responsabile, che con un colpo di katana ha distrutto il quadro comandi di Mace: Colleen Wing.

-Beh…- gli si rivolge la rossa -… hai intenzione di startene lì impalato, Cage, o vuoi darci una mano?-

            Cage non si fa pregare ed i malcapitati scagnozzi di Mace scontano tutta la rabbia accumulata dall’uomo in questi ultimi giorni.

            Lo scontro termina presto e lo sguardo di Cage si volge all’uomo di nome Gideon Mace, lo sente rivolgersi ad Iron Fist, vede lo sguardo allarmato del suo amico, poi c’è il lampo ed il rombo assordante dell’esplosione.

            Quando il fumo si è diradato, Cage si ritrova sostanzialmente a posto. Il suo fisico d’acciaio lo ha protetto ed il fatto che Colleen Wing fosse dietro a lui, l’ha protetta egualmente. Naturalmente lui ci ha rimesso l’ennesima camicia, per non parlare degli strappi ai pantaloni.

            Uno sguardo rapido lo informa che la sala è tutta una rovina. Davanti a lui, miracolosamente in piedi c’è Misty Knight, apparentemente illesa, a parte il fatto che il suo braccio bionico le è stato strappato ed ora giace per terra. Quanto ad Iron Fist…

            Per quanto sia saltato indietro, ha preso in pieno tutta la forza d’urto dell’esplosione ed ora giace sul pavimento col costume strappato e coperto di ferite e sangue.

-Danny!- urla Misty Knight superando lo shock della perdita del braccio e delle proprie ferite, peraltro superficiali.

            Cage accorre accanto all’amico. Non ci vuole un dottore per capire che è conciato male e che non sopravviverà sino all’arrivo di eventuali soccorsi.

            Non può finire così, pensa Luke, non deve.

-Spostati Luke.- il tono di voce di Colleen Wing è risoluto, mentre s’inginocchia al fianco di Iron Fist.

-Danny mi senti?-

            Danny Rand apre gli occhi.

-Colleen.- mormora.

-Sei conciato male.- gli dice lei –Morirai… a meno che... tu sai cosa fare.-

-Non… so… se … posso riuscirci…-

-Sciocchezze, ce la farai, lo so e allora fallo!-

            Iron Fist stringe i denti ed a poco a poco un bagliore s’irradia dal suo corpo sino ad avvolgerlo del tutto. I presenti sono costretti a chiudere gli occhi e ad allontanarsi, mentre l’aria intorno a Danny Rand si riscalda.

            Quanto dura il processo? Secondi o minuti. Difficile dirlo. Tutta l’energia interiore di Danny, quella comunemente chiamata Pugno d’Acciaio, è focalizzata non all’esterno, ma all’interno, sul suo stesso corpo. È una cosa che ha fatto poche volte e raramente con quest’estensione. Alla fine il bagliore termina e tutti possono vedere che ha funzionato: le ferite sono guarite.

-Danny!- urla ancora Misty –Danny, rispondimi.

            Gli occhi di Iron Fist si aprono e lui risponde con voce fioca, appena udibile:

-Sono vivo.-

-Come ti senti?- gli chiede Colleen.

-Debole come un gattino appena nato.- risponde Danny.

-Ti sosterrò io, amico.- interviene Luke, aiutandolo a rimettersi in pedi.

            In lontananza si odono le sirene della Polizia e dei Vigili del Fuoco.

 

            Il debole luccichio rossastro indica dove è caduto il rubino. Con la forza della disperazione Bushman ignora il dolore e si spinge avanti. Le sue dita cercano la magica pietra, ma è un’altra mano a serrarsi sul rubino, quella guantata di bianco di Moon Knight.

            Bushman annaspa. Per afferrare il rubino Moon Knight ha dovuto lasciare la presa sul suo collo ed ora l’ex mercenario ed ex dittatore tossisce mentre i suoi polmoni inspirano l’aria.

-Volevi questa pietra Bushman?- gli si rivolge Moon Knight –Non l’avrai mai.-

            Con un rapido serrarsi del pugno il Crociato Lunare frantuma la pietra e lascia cadere i frammenti a terra, poi, mentre Bushman allunga la mano, cala il suo piede sui frammenti spezzandoli ancora di più.

-Ti ucciderò Spector!- urla Bushman cercando di saltargli addosso.

-Non credo proprio, Bushman… non oggi, almeno.-

            Una ginocchiata al mento ed un colpo vibrato a due mani sul collo di Bushman e la lotta è finita.

-Marc!-

            Marlene Alraune corre verso di lui e lo abbraccia.

-Marlene… sei viva.- esclama Marc Spector.

-Si… e anche Frenchie. Qualunque cosa abbia protetto te, ha protetto anche noi. Siamo gli unici sopravvissuti. Ma come?-

            Moon Knight alza gli occhi verso la luna ormai alta nel cielo. Non ha dubbi sul fatto che sia stata opera di Konshu, ma come  e perché forse non lo saprà mai.

            Marlene sembra leggergli nel pensiero, annuisce, poi chiede:

-Cos’era quel maledetto rubino?-

-Non lo so di sicuro.- risponde Marc sfilandosi il cappuccio -Un oggetto magico di cui Bushman era venuto a conoscenza in qualche modo. Se ne avrò occasione lo chiederò al Dottor Strange. Per il momento sono contento che sia finita.-

            E così dicendo, bacia la sua donna.

 

            La cosa più pazza che potessi mai fare, pensa Ivan Ivanovitch Petrovitch mentre spalanca la porta gettando all’interno due granate del tipo concussivo, antisommossa, che fanno rumore e  mandano un lampo di luce disorientando i presenti. Per fortuna erano nella dotazione di quei tizi.

            Per sua fortuna gli uomini all’interno del salone non si aspettavano un attacco simile, non da un uomo solo. Deve agire in fretta o si riorganizzeranno. Non è un problema distinguere i cattivi, sono quelli con i passamontagna, il problema è agire prima che facciano qualcosa.

            Non è il tempo di esitare, alle remore di coscienza penserà dopo.  Senza esitare Ivan spara e colpisce rapidamente tre bersagli troppo sconcertati per reagire efficacemente. Doveva farlo, si dice, o avrebbero sparato sui presenti.

            Ce n’è un quarto, ma a questo punto Ivan, parla:

-Non farlo figliolo, faresti la fine dei tuoi amici e perché? Avete perso.-

-No!- è un urlo disperato.

            La mano dell’uomo corre verso la cintura ed Ivan ha solo una frazione di secondo per agire. Spara colpendolo in piena fronte. La mano dell’uomo si ferma a mezz’aria, non toccherà mai il detonatore dell’esplosivo che indossa.

            Mentre solo ora sente le grida ed i pianti degli ostaggi Ivan si guarda intorno e lascia cadere a terra le armi.

 

 

6.

 

 

            L’aereo è lo stesso che lì aveva portati sin lì. Ritornare indietro non è stato difficile e tutto sommato non ha nemmeno trovato resistenza tra i pochi che erano rimasti alla base. Vedere tornare solo loro quattro con Bushman prigioniero è bastato a smorzare ogni ardore battagliero.

Il velivolo si solleva dalla piccola pista e fa rotta verso gli Stati Uniti. A bordo Moon Knight, Marlene e Frenchie, sdraiato su una lettiga. In un angolo sul pavimento sta Bushman, legato come un salame.

-Non sono un pilota all’altezza di Frenchie...- commenta Marc Spector -… ma questi aggeggi li so portare senza problemi. Certo ci toccherà evitare un bel po’ di radar, visto che è un volo non autorizzato, ma una volta a casa non credo ci daranno grossi problemi, visto anche il regalino che mi porto dietro.-

-Vuoi dire Bushman?- chiede Marlene.

-Certo. È ricercato per un bel po’ di crimini e non ha più l’immunità diplomatica a proteggerlo. Credo che nel suo covo troveranno abbastanza prove per incastrarlo per l’omicidio di Arnold Meyer, così avrò mantenuto la mia promessa.-

-Non hai paura che riveli la tua identità segreta per vendetta?-

-Non è il suo stile, vero Bushman? A che serve sapere un segreto se pi lo riveli a tutti? No, sono sicuro che starai zitto sperando di tornare a tormentarmi un giorno o l’altro.-

            Bushman tace, ma l’espressione di odio sul suo volto vale più di mille parole. Sotto la sua maschera Moon Knight sorride soddisfatto. Dalla cintura estrae qualcosa che vi aveva riposto dopo lo scontro: un minuscolo frammento rosso. Ci vorrà un po’ di tempo, probabilmente, ma alla fine forse riuscirà a scoprire l’origine di quel rubino e dei suoi poteri. Ci penserà più tardi, però, ora meglio pensare a rilassarsi. Magari una bella vacanza in Giamaica, lui e Marlene da soli…

            Innesta il pilota automatico, si sfila la maschera e finalmente si rilassa.

 

            Il rifugio del presunto Gideon Mace è invaso da ogni genere di forza di polizia locale o federale. Per sua fortuna Luke Cage ed i suoi compagni non sono trattenuti troppo a lungo, il tempo di una sommaria spiegazione dei fatti.

-Spero davvero che questa storia sia finita.- commenta il capitano Scarfe.-

-Non lo so.- replica Luke –Ci sono troppe cose che non sappiamo ancora. Chi ha fabbricato quell’androide? C’era davvero Mace dietro a tutto o ci hanno preso in giro fino all’ultimo? Se è così, credo che prima o poi avremo altre notizie del nostro nemico.-

-Beh, per ora vattene a casa Cage e cerca di riposare.-

-Casa? Dovrei averne una… ma lasciamo perdere. Credo che approfitterò della sosta all’ospedale di Misty e Iron Fist per  far visita a Quentin Chase invece,

-Sta molto meglio adesso. Sua moglie dice che lo rimanderanno presto a casa.-

-Ci vuole una buona notizia ogni tanto.-

            Iron Fist, Misty Knight salgono su un’ambulanza e Danny Rand si rivolge a Cage, che ha accanto a se Colleen Wing:

-Io e Misty stiamo per partire per l’Asia, vogliamo raggiungere K’un lun,[6] Luke, ti interesserebbe venire con noi? Forse un viaggetto lontano da qui ti farebbe bene.-

            Luke sogghigna e risponde:

-No grazie. Tutti i tuoi viaggi in quella città da favola si risolvono sempre in un sacco di pasticci ed io… sono un tipo troppo tranquillo.-

            E così dicendo scoppia in una risata liberatoria.

 

            Natasha Romanoff si guarda intorno. Conoscendo bene Ivan avrebbe scommesso di trovarlo ad aspettarla. Magari è in attesa fuori dell’aeroporto accanto alla Rolls Royce col motore già caldo. Caro vecchio Ivan, la cosa più simile ad un padre che lei abbia mai avuto nella sua vita tormentata. Quante ne ha dovute sopportare per causa sua e... ehi ma è lui quello? Conosce l’uomo con cui sta parlando: Lee Kearns, il Capo dell’F.B.I. a New York, ma come  mai è qui?

            Ivan la vede e si volta verso di lei, ha il volto tirato, stanco, ma abbozza lo stesso un sorriso.

-Ciao Zarina è bello rivederti.-

-Ivan… stai bene? Ma che è successo?-

-Nulla d’importante, ne parleremo più tardi.-

            Natasha si volge verso Kearns con tono deciso:

-Che diavolo sta succedendo Kearns? Che ci fa l’F.B.I. al J.F.K.?-

-Il suo autista ha sventato un attentato, ucciso 4 terroristi e salvato almeno 300 ostaggi… tutto da solo.- risponde Kearns.

-Ivan! Sta dicendo sul serio?- esclama Natasha.

-Bah… abbastanza… ma non è stato difficile erano solo degli sprovveduti.- ribatte Ivan alzando le spalle.

-Questo sta a noi accertarlo, Mr. Petrovitch. Normalmente dovrebbe seguirci nei nostri uffici per una deposizione, ma per rispetto a Miss Romanoff ed ai molti favori che ha fatto al nostro Governo e più recentemente proprio al mio ufficio,[7] le concederò di venire a farla domattina alle dieci. Mi raccomando, sia puntuale.-

-Ci conti Direttore Kearns.- risponde Ivan mentre raccoglie le valige di Natasha.

-Credo che tu abbia un po’ di cose da spiegarmi, Ivan.- gli dice la Vedova Nera.

-E lo farò, Zarina, contaci, ma ora, se non ti spiace, credo che per tutti e due sia finalmente ora di tornare a casa.-

 

 

FINE PARTE SECONDA.

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Fine anche di questa minisaga che tira le fila di ben tre storyline che  si sono dipanate in questa serie negli ultimi tempi Non c’è molto da dire al riguardo.

1)       Gideon Mace ha avuto l’onore di essere pressoché contemporaneamente l’antagonista di Luke negli ultimi due episodi di questa serie e della Tigre Bianca in Webspinners #18/19. Qui, però, si è rivelato non essere quello vero. Quindi la vera identità di colui che negli ultimi tempi ha attentato alla vita di Cage è ancora un mistero, ma non lo rimarrà per molto, ve lo prometto.

2)       Altrettanto, se non più, oscuri sono i motivi del raid del gruppo terroristico internazionale affrontato da Ivan. Perché hanno preso d’assalto il terminal Aeroflot? Qual’era il loro vero bersaglio? Misteri per un altro giorno, se no, ammettiamolo, che gusto c’è?-_^

3)       Da dove veniva il rubino magico rubato da Bushman e distrutto in quest’episodio? Temo che per saperlo dovrete aspettare ancora un po’, ma non troppo, lo prometto.

4)       Nota di continuity: la presenza di Iron Fist e Misty Knight in queste pagine è immediatamente precedente alla loro tentata partenza per Pechino durante l’invasione degli Z’Nox vista in Vendicatori #66 e Annual collegati.

Nel prossimo episodio: Paladin, Rick Mason, Elektra, Luke Cage. Quattro mercenari per una missione mortale, ma da amici o nemici? Ed in più: il ritorno di Shang Chi e Clive Reston e nuovi guai per Moon Knight e non solo.

 

 

Carlo



[1] Vale a dire nell’ultimo episodio.

[2] Chief Operating Officer, l’Amministratore Delegato in pratica.

[3] Il tutto avvenne nell’ormai mitico “L’ultima mano” in Daredevil Vol 1° #181 (Fantastici Quattro, Star, #15), ormai dovremmo smettere di ricordarlo. -_^

[4] Su Daredevil Vol 1° #190 (Fantastici Quattro, Star, #24).

[5] In Webspinners #18/19.

[6] Come visto nei recenti episodi del serial di Bill Foster nei Vendicatori.

[7] Nella recente miniserie della Vedova Nera: “Imported from Russia”